Sandro Notari – Professore associato di Storia del diritto medievale e moderno, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
SOMMARIO
Premessa. Roma, 1526: un motu proprio papale in deroga agli statuti cittadini.
1. Nel silentium dello statuto. Alla ricerca della disciplina sulla capacità d’agire della donna nella Roma medievale.
2. Così lontana, così vicina. Uno sguardo all’antica disciplina romanistica della tutela muliebre e al suo declinare nell’età del principato.
3. Nelle carte dei notai. La capacità d’agire femminile nel tardo medioevo romano.
4. Varietà di vincoli, di precetti, di combinati: legislazioni statutarie a confronto.
5. Le riforme del 1494 e del 1521 degli Statuta Urbis: la riemersione della tutela muliebre nella Roma del Rinascimento.
6. La tutela muliebre negli Statuta Urbis sotto la lente della scienza giuridica e della giurisprudenza rotale del Seicento.
7. Il motu proprio di papa Clemente VII del 1526 in deroga al capitolo statutario De pactis et donationibus non valituris (L. IV, 23).
8. Per ricapitolare, con qualche osservazione finale.
APPENDICE: motu proprio di papa Clemente VII (19 luglio 1526).
Lo studio indaga la riemersione e l’evoluzione della tutela mulierum a Roma tra tardo medioevo e Seicento, con particolare attenzione al periodo successivo alle riforme statutarie del 1521, evidenziando l’intreccio tra diritto scritto e prassi. Dopo aver esaminato l’origine romana antica della disciplina tutoria e il suo declino nell’età del principato, l’indagine prende avvio rilevando l’assenza di esplicite limitazioni alla capacità dispositiva femminile negli statuti medievali romani e dalla constatazione, attraverso l’analisi delle carte notarili, di una prassi più restrittiva. Lo studio approfondisce quindi l’introduzione dalla fine del XV secolo di limitazioni normative più formali imposte alle donne sui iuris. In particolare, gli Statuta Urbis del 1521 imponevano alle donne di ottenere il consenso di due consanguinei e l’autorizzazione del giudice per contrarre validamente. Il caso di Camilla Mattei, nobildonna romana che ottenne da Clemente VII nel 1526 una deroga alle nuove disposizioni statutarie, mette in luce la complessità dei rapporti tra diritto scritto e diritto vivente e sottolinea l’importanza del potere di deroga papale nell’applicazione delle norme. L’analisi dei dibattiti tra i giuristi romani del XVII secolo e l’evoluzione della giurisprudenza della Rota Romana evidenziano come l’interpretazione delle restrizioni statutarie sulla capacità giuridica delle donne sia gradualmente passata a Roma da un’adesione rigida alla lettera dello statuto cittadino a un approccio più flessibile, che considerava le circostanze specifiche di ogni caso e l’importanza della causa nella valutazione della validità degli atti. Nel suo complesso, lo studio contribuisce a una più profonda comprensione delle dinamiche tra diritto scritto e diritto vivente, nonché dell’evoluzione dei rapporti di genere a Roma tra medioevo e primi secoli dell’età moderna.
Parole chiave: tutela mulierum/tutela muliebre, storia giuridica delle donne, Roma medievale e moderna, Statuta Urbis/statuti comunali di Roma, Giovanni Battista De Luca, diritto vivente.
This study investigates the reemergence and evolution of the tutela mulierum (guardianship of women) in Rome between the late Middle Ages and the seventeenth century, with a focus on the period following the 1521 statutory reforms, highlighting the intertwining of written law and practice. After examining the ancient Roman origin of the guardianship institution and its decline in the age of the principality, the investigation begins by noting the absence of explicit limitations on female dispositive capacity in medieval Roman statutes and the finding, through the analysis of notarial papers, of a more restrictive practice. The study then examines the imposition, from the late fifteenth century, of stricter legal limitations on women sui iuris. In particular, the Statuta Urbis (the municipal statutes of Rome), enacted in 1521 mandated that women obtain the consent of two relatives and the authorization of the judge to contract validly. The case of Camilla Mattei, a Roman noblewoman who obtained an exception to the new statutory provisions from Clement VII in 1526, highlights the complexity of the relationship between written law and living law and underlines the importance of papal dispensation power in the application of the norms. The analysis of the debates between Roman jurists of the seventeenth century and the evolution of the jurisprudence of the Roman Rota (Rota Romana) shows how the interpretation of the statutory restrictions on the legal capacity of women gradually shifted in Rome from a rigid adherence to the letter of the city statute to a more flexible approach, which considered the specific circumstances of each case and the importance of the cause in assessing the validity of the acts. Overall, the study contributes to a deeper understanding of the interplay between written and living law, as well as the evolution of gender relations in Rome between the Middle Ages and the early modern era.
Key words: tutela mulierum/guardianship of women, women’s legal history, medieval and modern Rome, Statuta Urbis/municipal statutes of Rome, Giovanni Battista De Luca, living law.