Geraldina Boni – Professoressa ordinaria di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
SOMMARIO
1. La nozione di fusione.
2. Il Decreto conciliare Perfectae caritatis e il Motu Proprio Ecclesiae sanctae.
3. Il valore imprescindibile del carisma e dell’autonomia degli Istituti.
4. La prassi e le regole in essa consolidate.
4.1. Corrispondenze con quanto avvenuto nel caso preso in esame.
5. Una possibile trasposizione analogica delle previsioni recentemente promulgate per i monasteri di vita contemplativa femminile.
5.1. Numeri, età, reclutamento.
5.2. Assistente pontificio, eventuali ricorsi.
6. Una constatazione realistica, una speranza inesauribile.
6.1. La fusione quale evento eccezionale: la doverosa cautela.
6.2. La vita consacrata femminile e la sua luce luminosa nella società contemporanea.
7. Prescrizioni da osservare per il riconoscimento civilistico della fusione. La centralità delle persone.
La crisi delle vocazioni alla vita consacrata e quindi il crollo del numero dei religiosi verificatisi segnatamente nel Novecento sono alla base di alcune indicazioni contenute, in specie, nel Decreto del Vaticano II Perfectae caritatis e nel Motu Proprio Ecclesiae sanctae di Paolo VI, i quali suggerivano, in presenza di alcune circostanze, di avviare unioni e federazioni di Istituti. Dinanzi alle scarne e laconiche prescrizioni contenute nel Codice di Diritto Canonico si è gradualmente delineata nel post-Concilio una prassi articolata in varie fasi al fine di ben ponderare ogni situazione. Essa andrebbe accuratamente seguita al fine di giungere a decisioni prudenti ed equilibrate, quanto più rispettose del carisma e dell’autonomia degli Istituti, che – comportando in particolare la fusione la soppressione di quello incorporato ad altro più grande e florido –, rischiano di essere ingiustamente sacrificati: tenendo anche conto delle gravi ripercussioni dei provvedimenti estintivi sull’esistenza delle persone implicate. Dall’analisi di un caso concreto concernente un Istituto femminile per il quale si è ipotizzata la fusione risulta come non sempre si proceda con il doveroso ossequio della straordinaria ricchezza che la molteplicità delle esperienze di vita consacrata hanno apportato e ancora offrono alla vita della Chiesa.
Parole chiave: Istituti di vita consacrata, Codice di Diritto Canonico, Concilio Vaticano II, fusione, soppressione, aggregazione.
The crisis of vocations to consecrated life and therefore the collapse in the number of religious that occurred mainly in the twentieth century are at the base of some indications contained, in particular, in the Decree of Vatican II Perfectae caritatis and in Paul VI’s Motu Proprio Ecclesiae sanctae, which suggested, in the presence of certain circumstances, to proceed with unions and federations of Institutes. Faced with the concise and laconic prescriptions contained in the Code of Canon Law, a practice has gradually emerged in the post-Council period, structured in various phases so that each situation can be carefully weighed. Such practice should be carefully followed in order to reach prudent and balanced decisions that are as respectful as possible of the charism and autonomy of the Institutes, which risk being unjustly sacrificed – especially with the merger entailing the suppression of the Institute that is incorporated with another larger and more flourishing one –: also considering the serious repercussions of the extinctive provisions on the existence of the people involved. From the analysis of a specific case concerning a female Institute for which a merger has been hypothesized, it emerges that the process is not always informed to the due respect for the extraordinary richness that the multiplicity of experiences of consecrated life have brought and still offer to the life of the Church.
Key words: Institutes of consecrated life, Code of Canon Law, Second Vatican Council, merger, suppression, aggregation.